Il Metaverso continua a imporsi nel mercato, al punto che alcuni investitori paragonano il nuovo regno digitale come Decentraland (MANA) e The SandBox (SAND) alla Manhattan del 1800.
Nello stesso tempo, alcune stime riportano che il fiorente metaverso farà impennare il mercato della realtà virtuale a quota 16 miliardi di dollari entro il 2026.
Summary
Metaverso: Decentraland e The SandBox come la Manhattan dell‘800
Secondo un report, sembra che alcune aziende investitrici nel mondo del metaverso stiano paragonando Decentraland (MANA) e The SandBox (SAND) alla Manhattan del 1800.
“Pensiamo che l’acquisto del Fashion District sia come comprare sulla Fifth Avenue nell’800 … o la creazione di Rodeo Drive”
La frase è stata pronunciata da Lorne Sugarman, CEO di Metaverse Group, che solo il mese scorso ha fatto un acquisto di $2,43 milioni di lotti in Decentraland, l’universo 3D basato su Ethereum dove alcuni terreni possono essere monetizzati in MANA.
Il Fashion District è un’area di Decentraland dove gli utenti possono acquistare abiti virtuali di marchi reali come Ralph Lauren, Gucci o Prada. Ogni lotto di Decentraland è un NFT e misura 16 x 16 metri. Il terreno ha un prezzo in MANA, il token nativo della piattaforma.
Anche The SandBox sembra affascinare in egual modo, al punto che la Republic Realm ha comprato per $4,3 milioni, un lotto di terra digitale 24 x 24, con ogni lotto dell’equivalente di 100 metri nel metaverso di SAND. Janine Yorio, co-fondatore e CEO di Republic Realm ha così commentato il suo acquisto:
“Abbiamo comprato una città, o l’equivalente di una città. Abbiamo pagato così tanto perché vogliamo fare qualcosa di grande, qualcosa di molto coinvolgente. [..]Vogliamo comprare terreni e costruire cose su di essi. L’unico modo in cui il metaverso diventa interessante è se ci sono cose da fare e persone da vedere e posti dove andare quando ci si arriva”
Metaverso, Decentraland DAO e l’impennata del mercato della realtà virtuale
Continuando con l’intervista, Sugarman ha riferito che crede che i beni immobili di Decentraland saranno in grado di mantenere la loro scarsità perché il mondo virtuale è un’organizzazione autonoma decentralizzata (DAO). A tal proposito, ecco le sue parole:
“Poiché Decentraland è una DAO, o una comunità, se mai dovessero rilasciare nuovi terreni, dovrebbero ottenere che tutti i possessori di valuta, così come tutti i proprietari di terreni, votino a favore. La comunità non vorrà che noi danneggiamo il nostro valore, la nostra terra e la nostra moneta, quindi non credo che sia qualcosa che potrebbe accadere. Ma se dovesse accadere, dovrebbe essere per una reale buona ragione”.
Il settore fiorente del metaverso, con la sua promessa di cancellare i limiti tra mondo fisico e mondo virtuale, è stato stimato essere ancora molto emergente.
Secondo i dati di Omdia, il metaverso dovrebbe aumentare il mercato della realtà virtuale dei consumatori da 6,4 miliardi di dollari nel 2021 a 16 miliardi di dollari nel 2026. L’uso principale per il 90% rimarrebbe il settore del gaming.
Nello specifico, le stime prevedono che i produttori di cuffie per la realtà virtuale, su cui si basano questi usi immersivi, dovrebbero raggiungere vendite di 12,5 milioni di unità nel 2021, per una base già installata globale a 26 milioni di dispositivi entro la fine di quest’anno. La stessa continuerà a crescere, raggiungendo 70 milioni di unità entro la fine del 2026.
Il caso di Metaverse: l’account Instagram di un’artista chiuso dal Big Tech
Il metaverso è così al centro della scena che anche Mark Zuckerberg ha deciso di chiamare la sua azienda ex-Facebook col nome di Meta a fine ottobre 2021. Una storia ormai così nota che però nasconde del tragico.
Su Instagram, un’artista australiana che avrebbe chiamato il suo profilo col nome attuale di Facebook, si sarebbe ritrovata il suo account chiuso senza spiegazioni.
Thea-Mai Baumann ha raccontato la sua storia al The New York Times, spiegando che il suo account @metaverse, in uso dal 2012 anche per il suo lavoro, sarebbe stato preso dal gigante tecnologico qualche giorno dopo la sua dichiarazione del nuovo nome della società.
Solo dopo un mese e con l’intervento della rivista nel chiedere spiegazioni al social network, l’artista ha potuto rivedere il suo account attivo con tanto di scuse annesse per il “disguido”. Ora Thea-Mai Baumann vuole trasformare la vicenda in un progetto artistico che denuncia la prepotenza dei Big Tech.